Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿíñêîì ÿçûêå
p>II futuro semplice e il futuro anteriore. Il futuro semplice indica un
fatto che deve ancora verificarsi o giungere a compimento:
arriverò domani; terminerò il lavoro entro una settimana.
Il futuro semplice può assumere valore di imperativo:
farete esattamente come vi ho detto; imparerai questa poesia a memoria.
Il futuro anteriore, formato dal futuro semplice di un ausiliare (essere o
avere) e dal participio passato del verbo, indica un evento futuro,
anteriore a un altro pure del futuro; è quindi una sorta di "passato nel
futuro":
quando lo avrai visto, te ne renderai conto.
Sia il futuro semplice sia il futuro anteriore possono indicare un dubbio,
una supposizione o una deduzione del parlante:
hanno bussato alla porta, sarà Marco; a occhio e croce questa pizza peserà due etti;
quando è iniziato lo spettacolo saranno state le nove;
in questo caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince
dal fatto che i verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.
Tempi del congiuntivo:
I tempi del congiuntivo sono quattro: presente, imperfetto, passato,
trapassato.
II congiuntivo viene usato soprattutto nelle proposizioni dipendenti. In
quelle indipendenti - nelle quali il congiuntivo può esprimere volontà,
dubbio, concessione - i due tempi semplici (presente e imperfetto) si usano
con riferimento al presente:
dica pure cio che vuole
dicesse
I due tempi composti (passato e trapassato) si usano invece con riferimento
al passato:
sia
che gia partito? fosse
Per la scelta del tempo nelle proposizioni dipendenti, si veda il capitolo
della sintassi.
Tempi del condizionale:
II condizionale ha due tempi: uno semplice, il presente, e uno composto, il
passato. Col presente si indica l'eventualità nel presente, col passato
l'eventualità nel passato:
vorrei rivederti
avrei voluto
Tempi dell’imperativo:
L'imperativo ha due tempi, il presente e il futuro:
esci subito di quii; farai quello che dico io!
L'imperativo manca della prima persona singolare.
Tutte le voci dell'imperativo sia presente sia futuro coincidono con quelle
del presente e del futuro di altri modi; solo i verbi appartenenti alla
prima coniugazione hanno la seconda persona singolare dell'imperativo
presente che non può essere confusa con la seconda persona di nessun altro
tempo: studia, mangia, parla.
Nella forma negativa, la seconda persona singolare dell'imperativo presente
si esprime con l'infinito presente preceduto dalla negazione non:
non cantare, non correre, non partire.
Tempi dell’infinito:
I tempi dell'infinito sono due: uno semplice, il presente (andare, vedere,
finire): e uno composto, il passato (essere andato, aver visto, aver
finito).
L'infinito si usa soprattutto in frasi subordinate: il presente indica un
rapporto di contemporaneità o di posteriorità rispetto al tempo del verbo
della reggente; il passato indica un rapporto di anteriorità:
dice di conoscerlo, di volerlo conoscere
diceva.
dice di averlo conosciuto.
diceva
Preceduto dalla negazione non, l'infinito presente può acquistare il valore
di imperativo:
non farlo!; non dire sciocchezzel; non ridere.
Ha lo stesso valore, anche senza la negazione, in avvisi, cartelli,
insegne:
tenere la destra; moderare la velocità; gettare i rifiuti nel cestino.
Spesso l'infinito presente svolge la funzione di sostantivo: tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare
e si pensi a infiniti come dovere, piacere, avere, trasformatisi in
sostantivi forniti anche di plurale: il dovere/i doveri; il piacere/i
piaceri; l'avere/gli averi.
Tempi del participio:
II participio ha due tempi: il presente e il passato.
Come gli aggettivi in -e, il participio presente ha una forma per il
maschile e il femminile singolare {amante, vincente, partente) e una per il
maschile e il femminile plurale (amanti, vincenti, partenti). È usato
sempre più raramente nel suo valore verbale; participi quali ardente,
splendente, avvincente, arrogante, sorrìdente o quali studente, cantante,
insegnante, emigrante, dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi
e sostantivi.
Il participio passato si comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata,
lodati, lodate. Si usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme
composte della coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.
Ha spesso funzione di aggettivo o di sostantivo:
uno stimato professionista, il candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno
sconosciuto.
Ilparticipio passato ha valore attivo con i verbi intransitivi:
partiti di mattina, arrivarono a notte fonda (paniti = essendo partiti,
sebbene fossero partiti);
ha invece valore passivo con i verbi transitivi:
non mi piace la minestra riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).
Tempi del gerundio:
II gerundio ha due tempi: il presente (cantando, leggendo, udendo) e il
passato (avendo cantato, avendo letto, avendo udito).
Il gerundio presente trova impiego in proposizioni subordinate, dette
appunto gerundive: discutevamo camminando,
dove camminando è una gerundiva con valore temporale (= mentre
camminavamo).
Contribuisce a formare le perifrasi verbali andare + gerundio e stare +
gerundio, che esprimono un'azione progressiva e durativa, considerata cioè
nel suo progredire e nella sua durata:
il tempo va migliorando, sto studiando.
Molti gerundi presenti hanno subito un processo di nominalizzazione:
laureando, reverendo e, nel linguaggio musicale, crescendo, diminuendo.
Il gerundio passato non è molto usato; in genere viene sostituito con frasi
esplicite: si dice è stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo
studiato è stato promosso.
II. L’uso del modo CONDIZIONALE
Il condizionale présenta l'azione o il modo di essere come eventuali-
ipotetici; e cioè come realizzabili, nel présente o nel passato, ma
subordinatamente a determinati condizioni o condizionamenti che possono
essere espressi o sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo
piu indipendenti dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il
soggetto grammaticale) e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti
o supponibili oppure suggeriti da opportunità di adattamento
comportamentale a specifici aspetti situazionali. Sul genere di
potenzialità di tali presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o
scrive valuta il grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne
dovrebbero conseguire (sintatticamente: apodosi),e, nell'esprimerli,
mediante il condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o
psicologico del consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della
cauta esitazione.
Per esemplificare: apodosi: Vorrei parlarle (protasi: se ha un po' di
tempo). - Ci verrei anchio (se non ti disturbo). - Fumerei volentieri
qualche sigaretta ogni tanto (ma qui è proibito). - Carlo si starebbe per
laureare (se è vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto)
non gli avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due
ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri // domani
(ma non ho trovato posto in aereo).
Sia al présente che al passato, il condizionale può esprimere
l'atteggiamento di prudente presa di distanza (condizionale di
distanziamento) di chi narra fatti e fa anche intendere di non avere
diretta o comunque piena conoscenza; o magari di non volere essere in
nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità di chi, anche per
professione, come il giornalista, è costretto a interessarsi di vicende di
particolare delicatezza e responsabilità:
- Carlo Rossi sarebbe stato messo in prigione. (come a dire: se è vera
la notizia che ho sentito, Carlo Rossi...)
- Seconde l'accusa (...) la maggior parte delle apparecchiature
sarebbero state residuati di guerra (...). (in 'La nazione', 5-9-1976).
- Ayrton Senna sembrerebbe escluso dal prossimo campionato (...). II
condizionale è d'obbligo perché in realta la attuale azione potrebbe ancora
mutare (...). (C. Marincovich, in la 'Repubblica' [sport], 11-2-1992) (qui
l'autore stesso, giustifica l'uso del condizionale come segnale di
opportune atteggiamento prudenziale).
L'idea di intenzionalità, di disponibilità legata al condizionale
consente che il tempo passato serva a esprimere il rapporte di posteriorità
dei fatti narrati rispetto a un punto di riferimento collocato nel passato
(futuro del [nel] passato):
- (Carlo dice che finirà entro un'ora [= che ha intenzione di
finire...]) -«Carlo disse che avrebbe finito entro un'ora. (= che aveva
intenzione di finire...)
- Certe volte (...) ho pensato che Sciarmano sia stato il primo a
sapere che io sarei nata (...). (M. Di Lascia, Passaggio in ombra').
- (...), mi dicevo che presto Io avrei riavuto tutto per me (...). (M.
Di Lascia, cit.).
In questi casi, specie (ma non solo) nei registri linguistici meno
sorvegliati, si puo usare, in alternativa, L’indicativo imperfetto :
- Carlo disse che finiva (= avrebbe finito) entro un'ora.
Nel seguente esempio, per il futuro nel passato, si noti l'uso del
condizionale passato e dell'imperfetto nei due segmenti di una frase
temporale scissa per enfasi:
- (...) a quel punto gli chiedeva quando sarebbe stato che la mamma la
mandava a conoscere la nipote. (M. Di Lascia, cit.)
Per la stessa idea di intenzionalità, il condizionale passato puo
anche esprimere fatti desiderati o progettati per il reale
futuro ma dei quali già nel présente si conosce la irrealizzabilità essendo
nota lacondizione impediente. Ne risulta dunque un periodo ipotetico délla
irrealtà che ha l'apodosi collocata nel passato:
- So che domani vai a Roma. Ci sarei venuto anch'io, ma ho da fare
(oppure: se non avessi da fare).
- Una volta nella nostra cappella tenevano messe anche per il
pubblico. Quest'anno no. Saresti venuto, vero? (G. Arpino, 'La suora
giovane').
Anche in questi casi è possibile l'uso alternativo dell'indicativo
imperfetto :
- A Roma domani ci venivo anch'io se non avessi da fare(Moravia).
E' forse utile tornare a riflettere un po' su quel génère particolare di
condizionamenti come "suggeriti da opportunità o nécessita di adattamento
comportamentale a specifici aspetti situazionali", che, pur non
esplicitati, ciascuno di noi intuisce, avere, cogliere, e in base ai quali
(riluttante o no) regola il proprio modo di comportarsi. Tali aspetti
variano col variare a) delle situazioni (più formali, meno formali, non
formali), b) della funzione comunicativa (narrativa, espressiva, conativa,
imperativa ...) o c) (forse più spesso) degli interlocutori (e in base al
loro ruolo sociale, all'età, al sesso, al loro contingente stato urnorale,
allé loro azioni e reazioni). Sono tipi vari di condizionamenti che,
dettati in génère dal desiderio o comunque dalla nécessita di stabilire
armonia di rapporti, non solo comunicativi, determinano le nostre scelte (o
stratégie) di comportamento, e dunque anche linguistiche.
E' cosi che si può spiegare, ad esempio, una frase come la seguente
formulata da chi desiderasse far conoscere la propria casa a qualcuno:
"Questa sarebbe la mia casa". Come 'sarebbe'? E' o non è? E', naturalmente,
ma rapporte di cortesia suggerisce che la brusca referenzialità
dell'indicativo si attenui nel senso di conciliante garbatezza del
condizionale. Mediante il quale il parlante sembra quasi subordinare la
vérità di quanto afferma al punto di vista, all'approvazione o
disapprovazione del suo interlocutore: che rappresenta un condizionamento
non trascurabile.
Situazioni comunicative analoghe, soprattutto parlate, ricorrono con assoluta quotidianità. E il condizionale vi appare lo strumento pragmatico , tipico di un rapporte che predilige i modi délla conciliante offerta o richiesta di disponibilità, della garbata proposta, délla discreta esitazione, délla valutazione rispettosa e misurata, délla distaccata ironia, della domanda aperta e possibilista.
Le espressioni qui di seguito proposte come esempio potrebbero avère
la condizione o il condizionamento espressi o sottintesi (come suggeriti
dalla situazione in se). Noi abbiamo preferito questa seconda soluzione,
ritenendola la più ricorrente nella realtà comunicativa. In parentesi
accenneremo comunque a qualche esempio, e non sempre con l'esplicitante
'se'. Non di rado verra fatto di notare che i significati potrebbero
variare col variare del tipo di situazione:
• semplice potenzialità nel présente o nel passato: In casi come
questo, qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato) di tradimento.
• aperta offerta di disponibilità: Pagherei chissà che per un bicchier
d'acqua. (Ma ho paura che sarà difficile averlo) Qui il passato suonerebbe
come un rammarico: Avrei pagato chissà che (...).
• richiesta gentile (con verbo di 'volontà'): Vorrei un caffe. -
Preferirei rimanere sola. (Se non vi dispiace)
In casi come questo, soprattutto con i verbi 'volere' e 'desiderare',
il richiedente potrebbe anche usare l'imperfetto attenuativo' . E cio, in
particolare, come risposta a una richiesta fatta con l'imperfetto della
medesima modalità da parte dell'interlocutore; il quale, per altro, non
potrebbe usare il condizionale, che (si veda più sotto) suonerebbe come
provocazione: "Che desidera (voleva, desiderava)" "Volevo (vorrei,
desideravo), un caffe."
Qui il passato suonerebbe come rinuncia o rimprovero: Avrei voluto un caffe
(esempio: ma ho fatto bene a non.../ ma tu...)
• richiesta resa più conciliante e gentile dalla forma interrogativa:
Mi daresti (potrei avère) un bicchier d'acqua?
Qui il passato suonerebbe come richiesta di informazione.
• gentile invito, e rifiuto gentilmente esitante: "Ci verresti (vieni)
al cinéma con noi?" "Ma io, veramente, avrei da studiare."
Qui il passato suonerebbe come gentile richiesta di informazione con
relativa gentile risposta.
• manifestazione di un desiderio (che potrebbe anche nascondere una
richiesta): Verrai (tanto) volentieri a Roma con te. (Se non temessi di
disturbarti) -Adesso si che mi fumerei una bella sigaretta! (Non hai mica
da offrirmela?)
• domanda per conforma: Sarebbe quello tuo genero? - Questo sarebbe il
libro di cui mi parlavi? (Se non mi sbaglio questo potrebbe essere...)
Talvolta anche con qualche moto di meraviglia o incrédulità o
ammirazione o invidia: Sarebbe questa la tua Lucia? - Quel piccolino li
parlerebbe già cinque lingue?
• presentazione di qualcuno o qualcosa in tono discreto e sommesso
(usando 'essere'): Questa sarebbe la mia biblioteca. (Anche se piuttosto
modesta)
• sommesso intervento del parlante (per consiglio, proposta o altro
gentilmente sollecitato dall'interlocutore), anche introdotto da un verbo
corrispondente: Oddio, io qualcosa in testa ce l'avrei pure. (N. Boni, in
'La stampa', 8-8-1988) - "Tu che dici (pensi, consigli, suggerisci //
diresti, penseresti, consiglieresti, suggeriresti) di fare stasera?" "Io
direi (penserei, consiglierei, suggerirei) di fare una partitina a poker".
(Se posso, io direi...).
Qui il passato suonerebbe come ripensamento su qualcosa che forse
avrebbe potuto o dovuto essere fatto.
• opinione in tono attenuate (di chi, spesso anche il verbo 'dovere',
mostra molta fiducia sulla probabilità di realizzazione):
Una soluzione salomonica che dovrebbe mettere a tacere tutte le
polemiche (...). (in 'il Giornale', 27-10-1995)
• opinione garbatamente a contrario: "Gli scalatori di alta montagna
sono degli sconsiderati perché mettono a repentaglio la loro vita. Lei,
dottore, che ne pensa?" "Ma io, veramente, non sarei cosi severo in
proposito."
• presa di distanza ironicamente tagliente in forma di domanda: Un
ipotetico professore a un ipotetico interrogato: "E tu avresti studiato?"
(come a dire: "Checché tu insista a dire, non hai studiato proprio.") - "E
quello sarebbe un bravo medico?" (si potrebbe dire di un medico che
immeritatamente gode di buona fama)
• domanda in tono di incredulità o di risentimento per impedire o
disapprovare fatti o progetti dell'interlocutore o di altri; o anche per
provocare l'interlocutore stesso: Che farebbe tuo fratello stasera!?
Uscirebbe?! (Come a dire: "Se ha un'intenzione del génère, se la tolga
dalla testa.") - Tu esporresti un tale monumento in luogo pubblico? (l.
Silone, Il segreto di Luca) - "Come sarebbe a dire?!" chiese il commissario
sbarrando gli occhi. (P. Chiara, I giovedi della signora Giulia').
La stessa domanda al passato, puo anche servire a smentire un fatto o
a difendersi da qualche accusa: Anna: "E' stato Carlo a dire che Luigi...."
Carlo: Che cosa avrei detto io?".
III. IL periodo IPOTETICO
1.Le frasi ipotetiche
Le frasi ipotetiche (cioè le proposizioni subordinate introdotte nella gran
parte dei casi dall'operatore di subordinazione se) formano, insieme alle
proposizioni sovraordinate da cui dipendono, frasi complesse
tradizionalmente chiamate «periodi ipotetici», che noi chiameremo anche
«costrutti condizionali».
All'interno di un costrutto condizionale la proposizione subordinata viene
chiamata «protasi», mentre la proposizione sovraordinata viene chiamata
«apodosi»; prese singolarmente protasi ed apodosi possono essere frasi
semplici, come in (1), oppure frasi complesse che contengono proposizioni
coordinate, come in (2), o frasi complesse contenenti (almeno) una
proposizione subordinata come in (3):
(1) Se partiamo abbastanza presto, non troveremo molto traffico.
(2) Se il treno non è in ritardo ed i vagoni non sono troppo affollati,
faremo un viaggio comodo ed arriveremo in tempo per la partita.
(3) Se credi di essere troppo stanco per fare quel lavoro, sarà meglio
affidarlo a qualche altro tuo collega.
Inoltre l’apodosi di un costrutto condizionale non deve essere
necessariamente una proposizione principale, ma può essere a sua volta
subordinata ad un'altra proposizione principale, come in (4):Mi hanno detto
che dovrò fare un'ottima prova, se voglio veramente ottenere l'incarico.
a)Semantica del costrutto condizionale
Parlando di «periodo ipotetico» e «costruttto condizionale» si identifica
la costruzione in base alle sue caratteristiche funzionali: con la protasi
si «ipotizza» una «condizione», soddisfatta la quale si ha come
«conseguenza» quanto espresso dall'apodosi. Il costrutto esprime
globalmente un'ipotesi ed instaura fra il contenuto proposizionale della
protasi (che simbolizzeremo con «p») e quello dell'apodosi (che
simbolizzeremo con «q») un rapporto del tipo «condizione-conseguenza».
Per esempio, con una frase come (1) si ipotizza che, soddisfatta la
condizione di una partenza sufficientemente mattiniera (p), si avrà come
conseguenza un viaggio tranquillo per la scarsità di traffico (q): p e q
non sono presentati sicuramente ed indipendentemente come veri, ma data la
verità di p deve seguirne la verità di q. Questo aspetto del significato di
un costrutto condizionale può essere così riassunto: un costrutto
condizionale ipotizza che i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi
siano entrambi veri («se p, q» - «Pvero E qvero»).
Nel caso in cui alla partenza mattiniera (p) faccia poi séguito un viaggio
clamorosamente ritardato dal traffico (non-q) la frase in (1) sarà
considerata un «cattivo» consiglio, oppure una previsione «sbagliata»: un
costrutto condizionale non prevede che il contenuto proposizionale della
protasi sia vero e che quello della apodosi sia falso.
Inoltre nella comunicazione quotidiana, ordinaria, l'enunciazione di una
sequenza come (1) suggerisce all'interlocutore che una partenza ritardata
(non-p) avrebbe come conseguenza l'incontro di un denso traffico (non-q).
Questo suggerimento, esprimibile con (5), è una «inferenza sollecitata» (o
«invitata») dal costrutto condizionale esemplificato in (1), e mostra un
altro aspetto del significato di un periodo ipotetico, così riassumibile:
un costrutto condizionale ipotizza che i contenuti proposizionali di
protasi ed apodosi siano entrambi falsi («se p, q» — «pFalso E q Falso»):
(5) Se non partiamo abbastanza presto, troveremo molto traffico.
Unendo quanto proposto finora, possiamo dire che un costrutto condizionale
ipotizza che i contenuti proposizionali di protasi ed apodosi possano
essere o entrambi veri, o entrambi falsi (grazie all'inferenza
sollecitata).
Questo significato, ottenuto per (1) combinando appunto (1) e (5), ovvero
la sua inferenza sollecitata, corrisponde a quello espresso direttamente ed
esplicitamente da un costrutto condizionale con la protasi introdotta
dall'operatore di subordinazione solo se:
(6) Solo se partiamo abbastanza presto non troveremo molto traffico.
Un costrutto come (6), detto «bi-condizionale», ha un significato
parafrasabile proprio con l'accostamento di (1) e di (7):
(7) Se non partiamo abbastanza presto, troveremo molto traffico.
La sinonimia tra i costrutti condizionali e quelli bicondizionali, e tra
gli operatori di subordinazione se e solo se, è però solo apparente: un
costrutto bicondizionale, grazie alla presenza di solo se, ha sempre e per
forza l'interpretazione ottenibile combinando insieme gli schemi presentati
sopra, mentre un costrutto condizionale semplice può avere sia
l'interpretazione bicondizionale (grazie all'inferenza sollecitata) sia
l'interpretazione più debole, priva dell'inferenza sollecitata.
Per esempio, una sequenza come (8) presenta, tramite la coordinazione dei
due infiniti, non una ma due condizioni, e può essere parafrasata con un
costrutto che abbia due protasi coordinate, una per ogni condizione, come
(9):
(8) Se continua a non piovere e a non nevicare, la prossima estate
rischieremo la siccità.
(9) Se continua a non piovere e se continua a non nevicare, la prossima
estate rischieremo la siccità.
Ma in (9) non è possibile dare una interpretazione bicondizionale alle due
protasi, e non è possibile sostituire i due se con due solo se, come si
vede dalla inaccettabilità di (10):
(10) Solo se continua a non piovere e solo se continua a non nevicare, la
prossima estate rischieremo la siccità.
Infatti il significato di solo entra in contraddizione con il significato
di e; l'unica interpretazione possibile per i due se di (9) è quella
semplice, priva dell'inferenza sollecitata. L'interpretazione
bicondizionale (con l'inferenza sollecitata) può emergere solo combinando
le due condizioni in un unico contenuto proposizionale complesso; così
l'interpretazione di (11) può essere parafrasata con l'accostamento di (12a-
b):
(11) Solo se continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima
estate rischieremo la siccità.
(12) a. Se continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima estate
rischieremo la siccità.
b. Se non continua [a non piovere e a non nevicare], la prossima estate non
rischieremo la siccità.
Formalizzeremo quindi la differenza di significato esistente fra i
costrutti bi-condizionali ed i costrutti condizionali con gli schemi
rappresentati rispettivamente in (13) ed in (14):
(13) «Solo Se p, q» —» «Pvero E qvero» O «pFalso E qFalso»
(14) «Se p, q» — «pVero E qvero» (O «Pfalso E qFalso»)
Ñòðàíèöû: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7