ðåôåðàò, ðåôåðàòû ñêà÷àòü
 

Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...


Ñèíòàêñè÷åñêèå è ôóíêöèîíàëüíî-ñåìàíòè÷åñêèå îñîáåííîñòè óïîòðåáëåíèÿ óñëîâíîãî íàêëîíåíèÿ â èòàëüÿí...

Êè¿âñüêèé íàö³îíàëüíèé óí³âåðñèòåò

   ³ìåí³ Òàðàñà Øåâ÷åíêà

²íñòèòóò ³íîçåìíî¿ ô³ëîëî㳿

Êàôåäðà ³ñïàíñüêî¿ òà ³òàë³éñüêî¿ ô³ëîëî㳿


 




Äèïëîìíà ðîáîòà ñïåö³àë³ñòà íà òåìó:

 

“Ñèíòàêñè÷í³ òà ôóíêö³îíàëüíî –   

     ñåìàíòè÷í³ îñîáëèâîñò³ âæèâàííÿ óìîâíîãî ñïîñîáó â ³òàë³éñüê³é ìîâ³ ”

 

 

 

 




Ñòóäåíòà: Êèðè÷åíêà Òàðàñà Ãðèãîðîâè÷à

5 êóðñó , ³òàë³éñüêî¿ ãðóïè

Íàóêîâèé êåð³âíèê: äîö.Màãóøèíåöü ².².

                                                        

                                                        Ðåöåíçåíò :  ___________________

 

 

 


Êè¿â – 2002 ð.

 

 

 

 

 

 

PIANO:

Introduzione……………………………………………….................................….3


Parte I. L’oggetto delle ricerche: I tempi del Condizionale ...............................…..4

a)     Cosa é il modo   …………………………………………………….…………..4

b)    Cosa é  il tempo  ……….…….....................................................................……5


Parte II.   L’uso del modo condizionale    …...................................……...………13


Parte III.   IL periodo ipotetico  …………..….….……......................................…17


1. Le frasi ipotetiche    …….............................................................……………...17


a) Semantica del costrutto condizionale .................................................................18

b) Concordanza dei tempi e semantica dei modi ....................................................19

c) Il sistema dell’italiano standard    ………………………...……………………20

d) I costrutti“controfattuali”..... ..............................................................................22

e) Concordanza mista indicativo e congiuntivo-condizionale ................................25

f) Il sistema substandard di concordanza di modi e tempi  ....................................26

g) Costrutti condizionali pseudocoordinati ............................................................27

h) Costrutti condizionali interrogativi  e imperativi ...............................................29

i) Condizioni su azioni linguistiche ........................................................................33

j) Protasi non  introdotte da “se “............................................................................34

k) Protasi con modi verbali  non finiti ....................................................................37

l) Ordine delle proposizioni nella frase complessa..................................................38

m) Apodosi accompagnate  “da allora”...................................................................43



2. Le frasi concessive .............................................................................................46


a) Semantica del costrutto concessivo fattuale .......................................................46

b) Sintassi del costrutto concessivo fattuale ...........................................................49

c) Operatori di subordinazione proposizionali .......................................................49

d) Semantica del costrutto condizionale concessivo ..............................................52

e) Sintassi del costrutto condizionale concessivo ...................................................53

f) Subordinate condizionali concessive introdotte da “anche se” ...........................54

g) Semantica dei costrutti a – condizionali .............................................................60

h) I costrutti con “disgiunzione ..............................................................................61

          

Ðåçþìå (Riassunto) …………………………………………………................…65




INTRODUZIONE



          Avendo rispetto alle circostanze che sono state stabilite nel periodo dell’Unione Sovietica,quando la lingua italiana non si studiava ufficialmente in Ucraina , per il momento esiste una piccola quantità dei lavori dedicati al modo condizionale (I.Glivenko, A.A.Karulin,V.Cerdanzeva,G.G.Lebedeva, Mavrov). Ecco perche ho deciso studiare uno dei temi meno studiati d’italiano.

      L’atenzione fondamentale nel lavoro è concentrata sull’analisi delle particolarità sintattiche e semantiche - funzionari del modo condizionale,come in lingua scritta, cosi in parlata.

     L’attualità del tema è specificata dalla necessità di mostrare le particolarità e nuove tendenze d’uso del condizionale nella lingua dei giornalisti, cioè nei articoli di giornale, nella lingua dei libri,e nella quella parlata. Dunque,l’analisi complessa delle proposizioni  e costrutti condizionali, diventa indispensabile per la comprensione piu approfondito del carattere dei processi di evoluzione in italiano moderno.

     Lo scopo di questo lavoro è mostrare la formazione del condizionale semplice e composto, l’uso dei tempi del condizionale, le particolarità sintattiche e semantiche-funzionari, l’uso del condizionale nel periodo ipotetico, la semantica del costrutto condizionale e la concordanza mista dei tempi l’indicativo, congiuntivo e condizionale.

    Il lavoro è composto d’introduzione , tre parti principali e riassunto. L’elènco della letteratura usata si compone di 43 denominaziòni dei lavori di autòri nazionali e stranieri. L’entità generale del lavoro è 72 pagine.

   Nel introduzione viene motivata la scelta del tema, la sua attualità, vengono determinati gli scòpi e i compiti  del lavoro .

   La prima parte introduttiva è dedicata al definizione del tempo e del modo come le categorie grammaticale.       

   La seconda parte è dedicata al uso del condizionale semplice e condizionale composto.

   La terza parte è dedicata al periodo ipotetico, alla semantica del costrutto condizionale e alla concordanza dei tempi e dei modi.

   Nel riassunto principale vengono dedotti i resultati teoretici e practici delle ricèrche complèsse eseguite.

 

 

 

 

 

 

 

I.  L’oggetto delle ricerche: I tempi del modo condizionale

 

a) Cosa é il modo ? :


Il verbo possiede un organico e complesso sistema di forme per esprimere le ca­tegorie del modo e del tempo Il parlante può presentare il fatto espresso dal verbo in diversi modi, ciascuno dei quali indica un diverso punto di vista, un diverso atteggiamento psicologico, un diverso rapporto comunicativo con chi ascolta: certezza, possibilità, desiderio, comando ecc.

Talvolta, poi, l'uso di un determinato modo può dipendere anche da ragioni stili­stiche, da una scelta di "registro" o di livello linguistico: così, per esempio, nelle subordinate rette da verbi di giudizio l'indicativo (mi pare che ha ragione) corri­sponde a un livello d'espressione più popolare rispetto al congiuntivo (mi pare che abbia ragione).

In italiano disponiamo di sette modi verbali:


• quattro modi finiti:      indicativo (io amo)

                                     congiuntivo (che io ami)                                

                                     condizionale (io amerei)

                                     imperativo (ama!)

• tre modi indefiniti:     infinito (amare)

                                      participio (amante)     

                                     gerundio (amando)


Mentre i modi finiti determinano il tempo, la persona e il numero, i modi in­definiti non determinano la persona e, tranne il participio, il numero.

L'infinito, il participio e il gerundio sono anche detti "forme nominali del ver­bo", perché vengono usati spesso in funzione eli sostantivo e di aggettivo: abbia­mo già citato il participio presente amante, cui si può aggiungere il participio passato la (donna) amata; e si pensi ancora a infiniti quali l'essere, il dare i l'avere, l'imbrunire, o a gerundi diventati nomi, quali laureando e reverendo.

Modi finiti:

L'indicativo è il modo della realtà, della certezza, della constatazione e dell'esposizione obiettiva, o presentata come tale:

me ne vado (sicuramente).

II congiuntivo è il modo della possibilità, del desiderio o del timore, dell'opinione soggettiva o del dubbio, del verosimile o dell'irreale; viene usato generalmente in proposizioni dipendenti da verbi che esprimono incertezza, giudizio personale, partecipazione affettiva:

sembra che se ne vada            

                                            (ma non é certo)

preferisco che se ne vada


Anche il condizionale indica fatti, azioni, modi di essere in cui prevale l'aspetto di eventualità, subordinata a una condizione (di qui il nome):

me ne andrei (se potessi).

 L'imperativo, infine, è il modo del comando, dell'invito, dell'esortazio­ne, dell'ammonimento, dell'invocazione:

vattene! (è un ordine, un consiglio ecc.)


 Modi indefiniti:

L'infinito indica genericamente l'azione espressa dal verbo senza determinazioni di persona e di numero:

studiare, leggere, partire.

Il participio può svolgere sia la funzione di verbo sia quella di aggettìvo (inoltre, al pari degli aggettivi, assume anche valore di sostantivo). Il participio presente determina solo il numero, mentre il participio passato determina sia il numero sia il genere:

facente, facenti; vedente, vedenti; insegnante, insegnanti;

preso, presa, presi, prese; nato, nata, nati, nate; candidato, candidata,

candidati, candidate.


A differenza di quanto accade per i modi finiti, il participio non segnala la persona.

II gerundio indica un fatto che si svolge in rapporto a un altro, espres­so nella proposizione reggente da un verbo di modo finito:

sbagliando s'impara; l'ho incontrato tornando a casa, discutevamo pas­seggiando.                                                                                                      


 

b) Cosa é il tempo ? :

II tempo indica qual è il rapporto cronologico che intercorre tra l'azione o lo stato espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato.

È opportuno distinguere tra tempo fisico e tempo linguistico (o grammatica­le): il tempo fisico si riferisce alla percezione che ciascun individuo ha del fluire del tempo nella realtà, ed è misurabile quantitativamente. Il tempo grammaticale è costituito invece da un sistema di relazioni temporali che permettono dj colloca­re l'azione prima, durante o dopo il momento in cui viene proferita la frase e dì indicare l'ordine di successione dei due avvenimenti.

Per esprimere il tempo linguistico il parlante ha a disposizione, oltre al siste­ma dei tempi verbali, gli avverbi e le locuzioni avverbiali di tempo (prima, dopo, fra sette mesi, per due anni). La non corrispondenza tra tempo fisico e tempo lin­guistico è evidente nei casi in cui un tempo grammaticale passato esprime un evento che nella realtà si svolge nel futuro:

saranno necessarie almeno dodici ore per sapere chi ha vinto le elezioni.


Il rapporto cronologico tra lo stato o l'azione espressi dal verbo e il momento in cui viene proferito l'enunciato può essere di:

 contemporaneità, quando il fatto avviene nel momento in cui si parla: 

  Daniele canta

 anteriorità, quando il fatto avviene in un momento anteriore a quello  in cui si parla: Daniele cantava (ha cantato, canto);

 posteriorità: quando il fatto avviene in un momento posteriore a quel­lo in cui si parla: Daniele canterà.


II tempo che esprime la contemporaneità è il presente; il tempo che esprime l'anteriorità è il passato, variamente articolato nell'indicativo (imperfetto, passato prossimo e remoto, trapassato prossimo e remoto) e nel congiuntivo ( imperfetto, passato, trapassato); il tempo che esprime la posteriorità è il futuro, suddiviso nell'indicativo in futuro semplice e futuro anteriore.

Sotto l'aspetto formale i tempi si distinguono in semplici, quando le forme verbali di cui sono costituiti consìstono in una sola parola (amo, temevo, anivò,partirà), e in composti, quando le forme verbali risultano dall'unione del participio passato del verbo con una voce dell'ausiliare essere o avere (ho amato, avevo temuto, fu arrivato, sarà partito).


Per comprendere meglio il significato delle relazioni temporali possiamo visualiz­zare graficamente la collocazione di un avvenimento lungo l'asse del tempo, rap­presentato da una linea retta. Per far ciò occorre fare riferimento a due nozioni fondamentali: :


• il momento dell'enunciazione (= ME), cioè il momento in cui si verifica l'atto di parola;

• il momento dell'avvenimento (= MA), cioè il momento in cui ha avuto luogo l'evento oggetto dell'atto di parola.


Per interpretare il passato remoto, il passato prossimo, l'imperfetto e il futuro dell'indicativo è sufficiente questo elementare riferimento al fluire del tempo fisico. Il trapassato prossimo, il trapassato remoto e il futuro anteriore, vice­versa, non sono ancorati direttamente al tempo fisico, ma sono collegati ad esso indirettamente, attraverso un'indicazione relativa di anteriorità o poste­riorità rispetto ad un evento espresso da un tempo semplice (dopo che ebbe appreso la notizia svenne) o da un'altra determinazione temporale (alle 8 aveva già cenato). Per rappresentare graficamente i tempi composti dobbiamo pertanto introdurre un terzo parametro, denominato momento di riferimento (= MR). Esso può essere costituito da un avverbio di tempo o da un'altra determi­nazione temporale (alle cinque, l'anno scorso, quando sono uscito ecc.):

   Tempi dell’indicativo:

L'indicativo è l'unico modo verbale che abbia specificati nei suoi vari tempi

- semplici (presente, imperfetto, passato remoto, futuro) e composti (passa­to prossimo, trapassato prossimo, trapassato remoto, futuro anteriore) – i tre fondamentali punti di riferimento cronologici in cui un fatto avviene: l'ante­riorità, nelle sue molteplici articolazioni (imperfetto, passato prossimo, passato re­moto, trapassato prossimo, trapassato remoto); la contemporaneità (presente); la posteriorità (futuro semplice e futuro anteriore).

Il   presente.   Indica  il fatto,  l'azione,  il modo di essere che si svolgono o

sussistono nel momento stesso in cui si parla:

faccio una passeggiata.        

Si usa spesso il presente per esprimere la consuetudine, l'iterazione, hi regolarità con cui si veri/icario determinati fatti:

il rapido per Napoli parte alle diciassette; vedo Luigi tutti i giorni;

 o per indicare un'attitudine del soggetto:  Franco parla il tedesco; Giulio ripara le antenne;

in questi casi il tempo presente indica che il soggetto possiede una determinata capacità ed è in grado di esercitarla quando occorre, ma non necessariamente che egli stia esercitando tale capacità al momento dell'enunciazione.

Inoltre il presente, in quanto "non-passato" e "non-futuro", è in grado di signi­ficare ciò che si avvera sempre, le verità atemporali:

la luna gira intorno alla terra; la rosa è un fiore;

il presente atemporale, particolarmente usato nelle definizioni scientifiche, non è sostituibile con altri tempi o modi:

 due più due faceva / sta facendo / farebbe quattro;

e non è compatibile con avverbi temporali del tipo prima, dopo, non sempre, la Luna gira intorno alla Terra, ma non sempre.

Nei proverbi e negli aforismi il presente vuole indicare appunto la perenne vali­dità di quanto viene affermato:

chi dorme non piglia pesci; il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Il presente storico è un passato in forma di presente, è quasi un modo per far rivi­vere il passato nel presente; serve a conferire maggiore efficacia alla narrazione dei fatti, ad attualizzarli:

Leopardi nasce a Recanati nel 1798; Cesare da l'ordine di avanzare.


L'imperfetto Esprime la durata o la ripetizione nel passato:

la pioggia cadeva ininterrottamente da due giorni; venivano a trovarci quasi tutte le settimane.


Dal punto di vista aspettuale l'imperfetto indica un'azione incompiuta nel passato; per questo motivo, di norma, un verbo all'imperfetto non è sufficiente a conferire alla frase senso compiuto. Se dico: ieri tornavo a casa la frase rimane come sospesa e il mio interlocutore si aspetta un'integrazione, per esempio: ieri tornavo a casa quando ho incontrato Gianni.

Nelle narrazioni, l'imperfetto costituisce il tempo della descrizione per eccellenza. Esso si presta infatti a rappresentare scene statiche, in cui tutti gli elementi sono collocati sul medesimo piano temporale:

La stazione era deserta. Carla indossava un soprabito scuro. L'orologio segna­va le venti e trenta,

La stessa scena, resa con i verbi al passato remoto, da piuttosto l'idea di un susse­guirsi poco coerente di frasi:

La stazione fu desena. Carla indossò un soprabito scuro. L'orologio segnò le venti e trenta.

Questa differenza è messa a frutto quando si esercita, a qualsiasi livello, l'arte del raccontare: l'imperfetto descrive luoghi e personaggi o delinea stati di cose, men­tre i tempi perfettivi (il passato remoto o il presente storico) sono necessari per dare il via alla storia, per riferire in modo ordinato il susseguirsi degli avvenimen­ti. Lo si può facilmente verificare analizzando l'inizio di una fiaba:

C'era una volta a Palermo un certo Don Giovanni Misiranti, che a mezzo­giorno si sognava il pranzo e alla sera la cena, e di notte se li sognava tutti e due. Un giorno, con la fame che gli allungava le budella, uscì fuori porta. (da Fiabe italiane raccolte e trascritte da Italo Calvino, Milano, A. Mondadori).

Quanto detto non vale nei casi in cui l'imperfetto assume valori aspettuali proprì del passato remoto, come avviene con il cosiddetto imperfetto narrativo, caratteristico, oltre che della lingua letteraria, dei resoconti giornalistici:

Nel ribollire della disamistade cadevano le elezioni regionali del 51; i candi­dati democristiani disertavano la piazza, la frequentavano invece i comunisti (L. Sciascia, Le parrocchie di Regalpetrd);

allo scoccare della mezzanotte l'assassino entrava di soppiatto in casa delle vittime;

al ventisettesimo minuto della ripresa il centravanti raccoglieva un abile invito del numero 10 e metteva in rete.

Talvolta l'imperfetto può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'indi­cativo. Si distingue in particolare:

1. un imperfetto ipotetico:

facevi meglio a stare zitto; potevano anche dircelo prima.

Quest'uso è comune soprattutto nel parlato; in una varietà più formale di lingua troviamo invece il condizionale passato {facevi = avresti fatto; pote­vano = avrebbero potuto);

2. un imperfetto irreale: si ha ogniqualvolta il tempo verbale serve a sottolineare un distacco dalla realtà e la creazione di un universo fittizio. È tipico delle narrazioni di sogni o della trama di un'opera letteraria:

poi entravo in un'enorme sala a specchi: dopo alcuni secondi le pareti inizia­vano a muoversi verso di me...

e nel cosiddetto imperfetto Indico, comune nelle affabulazioni dei bambini: Allora, facciamo che io ero il papa e tu la mamma;

3. un imperfetto attenuativo, a cui si ricorre in particolare con il verbo volere e sinonimi, per conferire un tono di cortesia o di attenuazione del valore iussivo di una richiesta; si immagini il seguente dialogo tra un salu­miere e una cliente, in cui chiaramente i due imperfetti non hanno valore temporale:

- Cosa desiderava signora?

- Mah, volevo due etti di prosciutto.

Nel secondo caso l'imperfetto può essere adeguatamente sostituito dal condizio­nale presente.


Il passate prossimo. Questo tempo composto, formato dal presente di un au­siliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, esprime un fatto com­piuto nel passato, ma che ha una qualche relazione col presente, o perché l'even­to descritto perdura nel presente:

Ñòðàíèöû: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8


ÈÍÒÅÐÅÑÍÎÅ



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