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Синтаксические и функционально-семантические особенности употребления условного наклонения в итальян...


due giorni fa ho preso una brutta influenza (e ancora ne soffro);o perché perdurano gli effetti dell'evento descritto:

Marco è nato il 21 settembre del 1943;

ho imparato l'inglese durante un soggiorno di studio negli Stati Uniti;


per quanto riguarda il primo esempio è significativo il fatto che si usi il passato prossimo per indicare la nascita di un personaggio ancora vivente, ma sia d'obbli­go il passato remoto per indicare il dato biografico di un defunto:

Manzoni nacque nel 1785.

Anche senza l'accompagnamento di avverbi o di locuzioni avverbiali, il passato prossimo può equivalere in qualche caso a un futuro anteriore, presentando il fat­to come compiuto nel futuro:

un ultimo sforzo e ho finito (= avrò finito).


II passato remoto. Indica un'azione conclusa nel passato, prescindendo dal suo svolgimento e dai suoi eventuali rapporti col presente. Si noti la differenza tra:

1. Mora via scrisse Gli indifferenti dal 1925 al 1928;

2. Moravia scriveva Gli indifferenti tra il 1925 e il 1928;

3. Moravia ha scritto Gli indifferenti.


Nella frase 1 il passato remoto scrisse mette in rilievo l'aprirsi e il chiudersi dell'azione, il suo inizio e la sua fine. Nella frase 2 l'imperfetto scriveva sottolinea lo svolgimento dell'azione entro i limiti temporali indicati. Nella frase 3 il passato prossimo ha scrìtto esprime insieme la compiutezza dell'azione e la sua "attualità": Moravia è autore di questo libro, questo libro esiste, possiamo leggerlo.

Nella lingua contemporanea il passato remoto viene spesso sostituito dal passato prossimo: l'anno scorso sono andato a Venezia. Particolarmente nel parlato, il prevalere del passato prossimo rispetto al passato remoto si giustifica con l'esi­genza di avvicinare i fatti al momento della narrazione, con ragioni cioè di imme­diatezza espressiva. Si noti che questo uso del passato prossimo al posto del pas­sato remoto, ora sempre più generalizzato, è tipico dell'Italia settentrionale; nel meridione si ricorre invece al passato remoto anche riferendosi a fatti avvenuti in un tempo vicinissimo al presente: arrivai un quarto d'ora fa.

Il trapassato prossimo e il trapassato remoto. Il trapassato prossimo(o piuccheperfetto), formato dall'imperfetto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto del passato, anteriore a un altro fatto pure del passato:

mi ero appena addormentato, quando bussarono alla porta.

Il trapassato prossimo può assumere valori modali diversi da quelli propri dell'in­dicativo:


1. trapassato prossimo ipotetico,  usato  colloquialmente  nell'apodosi del periodo ipotetico, in luogo del condizionale passato.

se non mi fossi ammalato a quest'ora avevo già terminato gli esami;

  2. trapassato prossimo attenuativo:

Buongiorno, ero venuto per chiederle una cortesia.    

Questi valori modali, che ricalcano in parte quelli dell'imperfetto, sono dovuti con ogni probabilità all'influsso dell'ausiliare del trapassato prossimo, coniugato all'im­perfetto indicativo.


Il trapassato remoto, formato dal passato remoto di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un fatto anteriore al passato remoto. Il trapassato remoto ha un uso più limitato del trapassato prossimo; infatti, mentre questo si può incontrare sia nelle proposizioni principali sia nelle proposizioni su­bordinate, il trapassato remoto oggi si trova solo nelle proposizioni temporali in­trodotte da quando, dopo che, non appena, appena (che):

non appena se ne fu andato, vennero a cercarlo.

II futuro semplice e il futuro anteriore. Il futuro semplice indica un fat­to che deve ancora verificarsi o giungere a compimento:

arriverò domani; terminerò il lavoro entro una settimana.

 Il futuro semplice può assumere valore di imperativo:

farete esattamente come vi ho detto; imparerai questa poesia a memoria.

Il futuro anteriore, formato dal futuro semplice di un ausiliare (essere o avere) e dal participio passato del verbo, indica un evento futuro, anteriore a un altro pure del futuro; è quindi una sorta di "passato nel futuro":

quando lo avrai visto, te ne renderai conto.

Sia il futuro semplice sia il futuro anteriore possono indicare un dubbio, una sup­posizione o una deduzione del parlante:

hanno bussato alla porta, sarà Marco;

 a occhio e croce questa pizza peserà due etti;

quando è iniziato lo spettacolo saranno state le nove;

in questo caso il futuro ha valore modale, non temporale, come si evince dal fatto che i verbi degli esempi riportati non esprimono posteriorità.



Tempi del congiuntivo:

I tempi del congiuntivo sono quattro: presente, imperfetto, passato, trapassato.

II congiuntivo viene usato soprattutto nelle proposizioni dipendenti. In quelle indi­pendenti - nelle quali il congiuntivo può esprimere volontà, dubbio, concessione - i due tempi semplici (presente e imperfetto) si usano con riferimento al presente:

dica

                 pure cio che vuole

dicesse


I due tempi composti (passato e trapassato) si usano invece con riferimento al passato:


                sia

che                         gia partito?                   

              fosse

Per la scelta del tempo nelle proposizioni dipendenti, si veda il capitolo della sin­tassi.

Tempi del condizionale:


II condizionale ha due tempi: uno semplice, il presente, e uno composto, il passato. Col presente si indica l'eventualità nel presente, col passato l'eventualità nel passato:

vorrei

                        rivederti

avrei voluto


Tempi  dell’imperativo:

L'imperativo ha due tempi, il presente e il futuro:

esci subito di quii; farai quello che dico io!  


L'imperativo manca della prima persona singolare.

Tutte le voci dell'imperativo sia presente sia futuro coincidono con quelle del presente e del futuro di altri modi; solo i verbi appartenenti alla prima coniuga­zione hanno la seconda persona singolare dell'imperativo presente che non può essere confusa con la seconda persona di nessun altro tempo: studia, mangia, parla.

Nella forma negativa, la seconda persona singolare dell'imperativo presente si esprime con l'infinito presente preceduto dalla negazione non:

non cantare, non correre, non partire.

Tempi dell’infinito:


I tempi dell'infinito sono due: uno semplice, il presente (andare, vedere, finire): e uno composto, il passato (essere andato, aver visto, aver finito).

L'infinito si usa soprattutto in frasi subordinate: il presente indica un rapporto di contemporaneità o di posteriorità rispetto al tempo del verbo della reggente; il passato indica un rapporto di anteriorità:

dice

                di conoscerlo, di volerlo conoscere

diceva.

  dice                                 

                                  di averlo conosciuto.

diceva


Preceduto dalla negazione non, l'infinito presente può acquistare il valore di im­perativo:

non farlo!; non dire sciocchezzel; non ridere.

Ha lo stesso valore, anche senza la negazione, in avvisi, cartelli, insegne:

tenere la destra; moderare la velocità; gettare i rifiuti nel cestino.

 Spesso l'infinito presente svolge la funzione di sostantivo:

 tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

e si pensi a infiniti come dovere, piacere, avere, trasformatisi in sostantivi forniti anche di plurale: il dovere/i doveri; il piacere/i piaceri; l'avere/gli averi.

Tempi del participio:

II participio ha due tempi: il presente e il passato.

Come gli aggettivi in -e, il participio presente ha una forma per il maschile e il femminile singolare {amante, vincente, partente) e una per il maschile e il femminile plurale (amanti, vincenti, partenti). È usato sempre più raramente nel suo valore verbale; participi quali ardente, splendente, avvincente, arrogante, sor­rìdente o quali studente, cantante, insegnante, emigrante, dirigente sono oggi sentiti soltanto come aggettivi e sostantivi.

Il participio passato si comporta come gli aggettivi in -o: lodato, lodata, lodati, lodate. Si usa insieme con gli ausiliari essere e avere nelle forme composte della coniugazione verbale: sono andato, hai visto, è preso.

Ha spesso funzione di aggettivo o di sostantivo:

uno stimato professionista, il candidato eletto; l'imputato, i vinti, uno sconosciuto.

Ilparticipio passato ha valore attivo con i verbi intransitivi:

partiti di mattina, arrivarono a notte fonda (paniti = essendo partiti, sebbene fossero partiti);

ha invece valore passivo con i verbi transitivi:

non mi piace la minestra riscaldata (riscaldata = che è stata riscaldata).

Tempi del gerundio:

II gerundio ha due tempi: il presente (cantando, leggendo, udendo) e il passato (avendo cantato, avendo letto, avendo udito).

Il gerundio presente trova impiego in proposizioni subordinate, dette ap­punto gerundive:

 discutevamo camminando,

dove camminando è una gerundiva con valore temporale (= mentre camminava­mo).

Contribuisce a formare le perifrasi verbali andare + gerundio e stare + gerundio, che esprimono un'azione progressiva e durativa, considerata cioè nel suo progre­dire e nella sua durata:

il tempo va migliorando, sto studiando.

Molti gerundi presenti hanno subito un processo di nominalizzazione: laureando, reverendo e, nel linguaggio musicale, crescendo, diminuendo.

Il gerundio passato non è molto usato; in genere viene sostituito con frasi espli­cite: si dice è stato promosso perché ha studiato piuttosto che avendo studiato è stato promosso.


II.  L’uso del modo CONDIZIONALE


Il condizionale présenta l'azione o il modo di essere come eventuali-ipotetici; e cioè come realizzabili, nel présente o nel passato, ma subordinatamente a determinati condizioni o condizionamenti che possono essere espressi o sottintesi. Tali condizioni o condizionamenti sono per lo piu indipendenti dalla volontà di chi parla o scrive (ne sia o no egli il soggetto grammaticale) e possono risultare: o già ben definiti ed esistenti o supponibili oppure suggeriti da opportunità di adattamento comportamentale a specifici aspetti situazionali. Sul genere di potenzialità di tali presupposti (sintatticamente: protasi), chi parla o scrive valuta il grado di probabilità di realizzazione dei fatti che ne dovrebbero conseguire (sintatticamente: apodosi),e,  nell'esprimerli, mediante il condizionale manifesta (o tradisce) l'atteggiamento mentale o psicologico del consapevole distacco o del sospeso possibilismo o della cauta esitazione.

Per esemplificare: apodosi: Vorrei parlarle (protasi: se ha un po' di tempo). - Ci verrei anchio (se non ti disturbo). - Fumerei volentieri qualche sigaretta ogni tanto (ma qui è proibito). - Carlo si starebbe per laureare (se è vero quel che si dice). - lo (se fossi stato al tuo posto) non gli avrei dato retta. - Sarebbe venuto allé cinque (mancano ancora due ore //oppure: ormai è mutile aspettarlo). - Sarei partito ieri // domani (ma non ho trovato posto in aereo).

Sia al présente che al passato, il condizionale può esprimere l'atteggiamento di prudente presa di distanza (condizionale di distanziamento) di chi narra fatti e fa anche intendere di non avere diretta o comunque piena conoscenza; o magari di non volere essere in nessun modo coinvolto. E' questa la tipica modalità di chi, anche per professione, come il giornalista, è costretto a interessarsi di vicende di particolare delicatezza e responsabilità:

- Carlo Rossi sarebbe stato messo in prigione. (come a dire: se è vera la notizia che ho sentito, Carlo Rossi...)

- Seconde l'accusa (...) la maggior parte delle apparecchiature sarebbero state residuati di guerra (...). (in 'La nazione', 5-9-1976).

- Ayrton Senna sembrerebbe escluso dal prossimo campionato (...). II condi­zionale è d'obbligo perché in realta la attuale azione potrebbe ancora mutare (...). (C. Marincovich, in la 'Repubblica' [sport], 11-2-1992) (qui l'autore stesso, giustifica l'uso del condizionale come segnale di opportune atteggiamento prudenziale).

L'idea di intenzionalità, di disponibilità legata al condizionale consente che il tempo passato serva a esprimere il rapporte di posteriorità dei fatti narrati rispetto a un punto di riferimento collocato nel passato (futuro del [nel] passato):

- (Carlo dice che finirà entro un'ora [= che ha intenzione di finire...]) -«Carlo disse che avrebbe finito entro un'ora. (= che aveva intenzione di finire...)

- Certe volte (...) ho pensato che Sciarmano sia stato il primo a sapere che io sarei nata (...). (M. Di Lascia, Passaggio in ombra').

- (...), mi dicevo che presto Io avrei riavuto tutto per me (...). (M. Di Lascia, cit.).

In questi casi, specie (ma non solo) nei registri linguistici meno sorvegliati, si puo usare, in alternativa, L’indicativo imperfetto :

- Carlo disse che finiva (= avrebbe finito) entro un'ora.

Nel seguente esempio, per il futuro nel passato, si noti l'uso del condizionale passato e dell'imperfetto nei due segmenti di una frase temporale scissa per enfasi:

- (...) a quel punto gli chiedeva quando sarebbe stato che la mamma la mandava a conoscere la nipote. (M. Di Lascia, cit.)


Per la stessa idea di intenzionalità, il condizionale passato puo anche espri­mere fatti desiderati o progettati per il reale

futuro ma dei quali già nel présente si conosce la irrealizzabilità essendo nota lacondizione impediente. Ne risulta dunque un periodo ipotetico délla irrealtà che ha l'apodosi collocata nel passato:

- So che domani vai a Roma. Ci sarei venuto anch'io, ma ho da fare (oppure: se non avessi da fare).

- Una volta nella nostra cappella tenevano messe anche per il pubblico. Quest'anno no. Saresti venuto, vero? (G. Arpino, 'La suora giovane').

Anche in questi casi è possibile l'uso alternativo dell'indicativo imperfetto :

- A Roma domani ci venivo anch'io se non avessi da fare(Moravia).

E' forse utile tornare a riflettere un po' su quel génère particolare di condizionamenti  come "suggeriti da opportunità o nécessita di adattamento comportamentale a specifici aspetti situazionali", che, pur non esplicitati, ciascuno di noi intuisce, avere, cogliere, e in base ai quali (riluttante o no) regola il proprio modo di comportarsi. Tali aspetti variano col variare a) delle situazioni (più formali, meno formali, non formali), b) della funzione comunicativa (narrativa, espressiva, conativa, imperativa ...) o c) (forse più spesso) degli interlocutori (e in base al loro ruolo sociale, all'età, al sesso, al loro contingente stato urnorale, allé loro azioni e reazioni). Sono tipi vari di condizionamenti che, dettati in génère dal desiderio o comunque dalla nécessita di stabilire armonia di rapporti, non solo comunicativi, determinano le nostre scelte (o stratégie) di comportamento, e dunque anche linguistiche.

E' cosi che si può spiegare, ad esempio, una frase come la seguente formulata da chi desiderasse far conoscere la propria casa a qualcuno: "Questa sarebbe la mia casa". Come 'sarebbe'? E' o non è? E', naturalmente, ma rapporte di cortesia suggerisce che la brusca referenzialità dell'indicativo si attenui nel senso di conciliante garbatezza del condizionale. Mediante il quale il parlante sembra quasi subordinare la vérità di quanto afferma al punto di vista, all'approvazione o disapprovazione del suo interlocutore: che rappresenta un condizionamento non trascurabile.

Situazioni comunicative analoghe, soprattutto parlate, ricorrono con assoluta quotidianità. E il condizionale vi appare lo strumento pragmatico , tipico di un rapporte che predilige i modi délla conciliante offerta o richiesta di disponibilità, della garbata proposta, délla discreta esitazione, délla valutazione rispettosa e misurata, délla distaccata ironia, della domanda aperta e possibilista.

Le espressioni qui di seguito proposte come esempio potrebbero avère la condizione o il condizionamento espressi o sottintesi (come suggeriti dalla situazione in se). Noi abbiamo preferito questa seconda soluzione, ritenendola la più ricorrente nella realtà comunicativa. In parentesi accenneremo comunque a qualche esempio, e non sempre con l'esplicitante 'se'. Non di rado verra fatto di notare che i significati potrebbero variare col variare del tipo di situazione:

• semplice potenzialità nel présente o nel passato: In casi come questo, qualcuno parlerebbe (avrebbe parlato) di tradimento.

• aperta offerta di disponibilità: Pagherei chissà che per un bicchier d'acqua. (Ma ho paura che sarà difficile averlo) Qui il passato suonerebbe come un rammarico: Avrei pagato chissà che (...).

• richiesta gentile (con verbo di 'volontà'): Vorrei un caffe. - Preferirei rimanere sola. (Se non vi dispiace)

In casi come questo, soprattutto con i verbi 'volere' e 'desiderare', il richiedente potrebbe anche usare l'imperfetto attenuativo' . E cio, in particolare, come risposta a una richiesta fatta con l'imperfetto della medesima modalità da parte dell'interlocutore; il quale, per altro, non potrebbe usare il condizionale, che (si veda più sotto) suonerebbe come provocazione: "Che desidera (voleva, desiderava)" "Volevo (vorrei, desideravo), un caffe."


Qui il passato suonerebbe come rinuncia o rimprovero: Avrei voluto un caffe

(esempio: ma ho fatto bene a non.../ ma tu...)

• richiesta resa più conciliante e gentile dalla forma interrogativa: Mi daresti (potrei avère) un bicchier d'acqua?

Qui il passato suonerebbe come richiesta di informazione.

• gentile invito, e rifiuto gentilmente esitante: "Ci verresti (vieni) al cinéma con noi?" "Ma io, veramente, avrei da studiare."

Qui il passato suonerebbe come gentile richiesta di informazione con relativa gentile risposta.

• manifestazione di un desiderio (che potrebbe anche nascondere una richie­sta): Verrai (tanto) volentieri a Roma con te. (Se non temessi di disturbarti) -Adesso si che mi fumerei una bella sigaretta! (Non hai mica da offrirmela?)

• domanda per conforma: Sarebbe quello tuo genero? - Questo sarebbe il libro di cui mi parlavi? (Se non mi sbaglio questo potrebbe essere...)

Talvolta anche con qualche moto di meraviglia o incrédulità o ammirazione o invidia: Sarebbe questa la tua Lucia? - Quel piccolino li parlerebbe già cinque lingue?

• presentazione di qualcuno o qualcosa in tono discreto e sommesso (usando 'essere'): Questa sarebbe la mia biblioteca. (Anche se piuttosto modesta)

• sommesso intervento del parlante (per consiglio, proposta o altro gentil­mente sollecitato dall'interlocutore), anche introdotto da un verbo corrispondente: Oddio, io qualcosa in testa ce l'avrei pure. (N. Boni, in 'La stampa', 8-8-1988) - "Tu che dici (pensi, consigli, suggerisci // diresti, penseresti, consiglieresti, suggeriresti) di fare stasera?" "Io direi (penserei, consiglierei, suggerirei) di fare una partitina a poker". (Se posso, io direi...).

Qui il passato suonerebbe come ripensamento su qualcosa che forse avrebbe potuto o dovuto essere fatto.

• opinione in tono attenuate (di chi, spesso anche il verbo 'dovere', mostra molta fiducia sulla probabilità di realizzazione):

Una soluzione salomonica che dovrebbe mettere a tacere tutte le polemiche (...). (in 'il Giornale', 27-10-1995)

• opinione garbatamente a contrario: "Gli scalatori di alta montagna sono degli sconsiderati perché mettono a repentaglio la loro vita. Lei, dottore, che ne pensa?" "Ma io, veramente, non sarei cosi severo in proposito."

• presa di distanza ironicamente tagliente in forma di domanda: Un ipotetico professore a un ipotetico interrogato: "E tu avresti studiato?" (come a dire: "Checché tu insista a dire, non hai studiato proprio.") - "E quello sarebbe un bravo medico?" (si potrebbe dire di un medico che immeritatamente gode di buona fama)

• domanda in tono di incredulità o di risentimento per impedire o disapprovare fatti o progetti dell'interlocutore o di altri; o anche per provocare l'interlocutore stesso: Che farebbe tuo fratello stasera!? Uscirebbe?! (Come a dire: "Se ha un'intenzione del génère, se la tolga dalla testa.") - Tu esporresti un tale monumento in luogo pubblico? (l. Silone, Il segreto di Luca) - "Come sarebbe a dire?!" chiese il commissario sbarrando gli occhi. (P. Chiara, I giovedi della signora Giulia').

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